Trasformare le sedi della CGIL in luoghi di animazione culturale e politica, contribuendo alla formazione della coscienza dei cittadini oltre che dei lavoratori: questa la scommessa della Scuola del Popolo. In estrema sintesi questo progetto, nato in Sardegna ma fatto proprio dalla FLC CGIL nazionale, offre ai docenti in pensione, i protagonisti di questa idea, un nuovo ruolo con il quale si trasformano le sedi della CGIL in luoghi vivi e aperti.
La proposta è quella di un’attività politica che offra risposte alla domanda di supporto culturale per chi si trova in difficoltà e a tutti coloro che per vari motivi sono stati esclusi dai circuiti dell’istruzione e comunque per chi ha mantenuto la curiosità di conoscere e capire.
Si tratta di anziani, ma anche di neet, di disoccupati o di espulsi dai settori produttivi
obsoleti, ma anche di Lavoratori con la voglia di confrontarsi su temi di attualità partendo da stimoli culturali. Una politica, insomma, che sappia cogliere il bisogno di “cultura” sostenendo solidalmente chi si trova in difficoltà affinché possa trovare in sé stesso la capacità critica e di giudizio, insieme alla voglia di riscatto. In questo il sindacato può svolgere una funzione di primo piano facendo pratica di solidarietà universale, in contrapposizione alle istanze separatiste e razziste che la crisi ha fatto riemergere.
Il progetto punta su un’attività che esprime i valori del sindacato, le stesse delle società di mutuo soccorso, che non avevano come unico scopo l’assistenza per affrontare i periodi di disoccupazione, di malattia, di infortunio o di vecchiaia, ma anche l’istruzione e l’educazione, dal momento che la frequenza scolastica era per i ricchi e la maggioranza della popolazione era analfabeta. È necessario, quindi, rafforzare il senso di solidarietà, secondo il significato etimologico del termine sindacato, dal greco Sin (insieme) e Dikè (giustizia) e quindi significa «Insieme per la giustizia». Del resto il sindacato è un’organizzazione ispirata alla giustizia sociale, che rappresenta i lavoratori e ne tutela gli interessi collettivi e individuali.
I docenti hanno un patrimonio di competenze professionali da spendere ma nella maggior parte dei casi hanno poche occasioni per farlo. Lo SPI e la CGIL, dal canto loro, hanno una struttura organizzativa e una rete capillare disseminata su tutto il territorio che garantisce il presidio necessario a favorire un’azione altrettanto capillarmente rivolta a singole persone.
Immagino un docente di filosofia che parli ad adulti che vogliono imparare a riflettere e a dare giudizi autonomi; docenti che spiegano la grammatica e combattano l’analfabetismo di ritorno o che suscitano l’interesse per i principi della Costituzione, della solidarietà e del vivere civile e così via. La struttura organizzativa sarebbe offerta dalla CGIL o dallo SPI che mettono a disposizione i propri locali e la rete di comunicazione per raggiungere le persone. Parliamo cioè di quei cittadini per i quali viene a mancare la possibilità di socializzare anche attraverso la vicinanza fisica alle persone e non solo mediando la relazione attraverso i social, fatta di manine plaudenti o faccine che hanno fatto dimenticare com’è veramente il contorno del viso umano. La politica ci sta abituando all’ammaestramento a distanza delle masse, persino attraverso le autorità istituzionale, non distinguendo più i messaggi formali delle istituzioni, dalla propaganda manipolatrice dei
leader di partito.
Cosa differenzia la Scuola del Popolo dall’Università della Terza età
Si tratta di due mission completamente diverse ma che possono coabitare e diventare complementari. Le scuole del popolo sorgeranno soprattutto in quelle zone dove non possono arrivare i corsi dell’Università della terza età ma, soprattutto, si rivolge ad una platea molto più ampia. La mission della scuola del popolo è quella di affrontare il tema dell’analfabetismo funzionale e di ritorno. Diceva Tullio De Mauro, il più noto linguista italiano, ministro anche della Pubblica Istruzione che più del 50 per cento degli italiani si informa (o non si informa), vota (o non vota), lavora (o non lavora), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare: una capacità di analisi, quindi, che non solo sfugge le complessità, ma che anche davanti a un evento complesso (la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale) è capace di una comprensione appena basilare.
In questo contesto è evidente il ruolo sociale della Scuola del Popolo, che recupera il ruolo costituzionale dell’istruzione per la formazione del cittadino: chi non riesce ad analizzare i processi e ad analizzare i fenomeni che gli si prospettano finirà per decidere ed agire in base a suggestioni esterne che lo influenzeranno. In questo senso anche alcuni esiti della politica italiana degli ultimi decenni e l’oscillazione dei risultati elettorali con il trionfo del populismo, hanno sicuramente trovato terreno fertile per riuscire a far passare vuoti slogan per programmi politici. Ripartire dalla base, stare in contatto con la “gente vera” diventa così una scelta politica fondamentale anche per la ripresa della sinistra in Italia. La possibilità di avere un’agorà per discutere, trovare un qualcuno che pacatamente e pazientemente aiuti al ritrovare o affinare il gusto dell’analisi e della discussione è un attacco devastante contro gli slogan e le semplificazioni che impigriscono la mente e le coscienze. La scuola del popolo può svolgere un ruolo complementare anche rispetto alle università della terza di cui potrebbero persino agevolare la funzione. Gli utenti di queste
ultime sono persone in piena efficienza, che cercano di ridefinire la propria esistenza nella libertà e nell’attivismo sociale. Si tratta di persone qualificate non da un corredo scolastico,
ma dalla vita: due terzi hanno frequentato le elementari e le medie inferiori, cioè l’attuale scuola dell’obbligo. La scuola del popolo vuole incontrare tutti, giovani e meno giovani, ma
soprattutto persone che fanno fatica ad interagire con una realtà per la quale non hanno, o non hanno, più le chiavi culturali per capirla ed essere cittadini consapevoli e quindi neppure consapevoli dell’importanza di avvicinarsi ad una istituzione culturale.
È auspicabile la creazione di una osmosi tra i docenti delle scuole e delle Università, magari per fare in modo che le Università realizzino, attraverso le Scuola del Popolo, una sorta di progetto propedeutico all’ iscrizione all’ Università della terza età, soprattutto nelle zone dove queste non sono presenti o non troverebbero utile/conveniente impiegare risorse.