Il sistema previdenziale pubblico affonda le proprie radici alle origini della storia unitaria dell’Italia: infatti si eredita la legislazione piemontese in materia di pensioni per i dipendenti civili e militari dello Stato e viene istituita, nel 1898, la “Cassa Nazionale di Previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai” cui era possibile aderire su base volontaria.
Dalla prima metà del ‘900
La prima metà del secolo scorso vede l’attuazione di numerosi interventi a sostegno del lavoro dipendente, a partire dall’obbligatorietà dell’adesione alla Cassa Nazionale di Previdenza, che diventa nel 1933 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale – INPS, all’introduzione dell’indennità di licenziamento – l’attuale TFR -, degli assegni familiari e della pensione di reversibilità per i superstiti. In quegli anni si stabilisce anche la ripartizione dei contributi versati a favore dell’INPS con 2/3 a carico del datore di lavoro ed 1/3 a carico del lavoratore e, a seguito dell’inflazione bellica e della conseguente perdita di potere d’acquisto delle pensioni, il passaggio dal sistema a capitalizzazione a quello a ripartizione.
Lo sviluppo economico post bellico consente una politica previdenziale più “generosa”, con interventi economici e normativi a favore dei pensionati: tredicesima mensilità, trattamento minimo di pensione, assicurazione obbligatoria estesa ai lavoratori autonomi, pensione sociale quale trattamento minimo per tutti i lavoratori. Inoltre, si introduce la pensione di anzianità connessa al versamento di 35 anni di contributi, indipendentemente dall’età del lavoratore.
Dagli anni ’80 ad oggi
La crisi economica e demografica che inizia a manifestarsi dalla fine degli anni ’80 impone una revisione del sistema pensionistico e, a partire dal 1992, viene avviato il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori pubblici e privati, configurando di fatto l’attuale sistema pensionistico che può essere definito misto, con:
- PREVIDENZA OBBLIGATORIA DI BASE (cosiddetto “primo pilastro”)
- PREVIDENZA COMPLEMENTARE (cosiddetto “secondo pilastro”), costituita dai fondi pensione che hanno il compito di integrare la pensione di base
- PREVIDENZA INTEGRATIVA INDIVIDUALE (cosiddetto “terzo pilastro”) costituita dalle polizze vita previdenziali o da piani di accumulo dei fondi comuni di investimento.
Da allora si sono susseguiti interventi di riforma del sistema pensionistico:
- D.Lgs. 503/1992 (riforma Amato), che ha attuato un graduale incremento dell’età pensionabile, – L. 335/1995 (riforma Dini), che ha introdotto il sistema di calcolo “contributivo”
- L. 449/1997 (riforma Prodi), che ha accelerato la fase transitoria di aumento degli anni necessari per la pensione di anzianità
- L. 243/2004 (riforma Maroni), che ha allungato l’età pensionabile (cosiddetto “scalone”)
- L. 247/2007 (riforma Prodi), che ha rivisto i requisiti per il diritto a pensione, superando lo “scalone” e introducendo il “sistema delle quote”
- L. 122/2010 (riforma Sacconi), che ha modificato la decorrenza della pensione con la cosiddetta “finestra mobile” dopo 12 mesi dalla maturazione del diritto, ha previsto un immediato innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti nel pubblico impiego e ha introdotto l’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti dell’età anagrafica per il diritto a pensione
- L. 111/2011, che ha ulteriormente allungato le finestre di uscita per le pensioni di anzianità
- L. 148/2011, che ha anticipato l’innalzamento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia per le lavoratrici del settore privato
- L. 214/2011 (riforma Fornero), che ha sancito il passaggio al sistema di calcolo “contributivo” per le pensioni, innalzato l’età per la pensione di vecchiaia, eliminato sostanzialmente le pensioni di anzianità introducendo la pensione “anticipata”
- La Legge di Bilancio 2017 ha introdotto, anche in via sperimentale, alcune possibilità di percepire anticipatamente la pensione: APE volontaria, APE sociale, beneficio per lavoratori precoci e per lavori usuranti
- Legge di bilancio per il 2018 sono state introdotte alcune novità relative all’aspettativa di vita in quanto conferma la determinazione dell’età anagrafica per l’accesso al pensionamento attraverso questo meccanismo. La novità, rispetto al passato, è che gli adeguamenti successivi non potranno prevedere incrementi dell’aspettativa di vita superiori ai 3 mesi
- L. 28 marzo 2019, n. 26 prevede in via sperimentale per il triennio 2019-2021, la possibilità si conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un’eta’ anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianita’ contributiva minima di 38 anni (pensione quota 100)