La rivalutazione delle pensioni: una lunga storia!

Le pensioni si rivalutano ogni anno sulla base dell’indice medio dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Gli indici mensili, la media annuale e la percentuale di variazione sono calcolati dall’Istat che li comunica al Ministero dell’economia. Questo, ogni anno, di solito a novembre, emette un decreto di concerto con il Ministero del lavoro con il quale indica in via provvisoria la percentuale di perequazione automatica per le pensioni per l’anno seguente e rende noto il valore definitivo dell’aumento per l’anno in cui esce il decreto. Questo valore può coincidere o no con quello indicato l’anno prima in via provvisoria. Eventuali scostamenti sono conguagliati nell’anno successivo a quello di pubblicazione del decreto.

Con il 2014 è terminato il blocco dell’adeguamento al costo della vita stabilito dalla legge Fornero/Monti con il quale fu stabilito che, per gli anni 2012 e 2013, la perequazione automatica spettasse soltanto alle pensioni di importo complessivo non superiore a 1.405 euro. Alla fine del blocco era previsto il ripristino del sistema di perequazione precedentemente in vigore. Invece, con la legge di stabilità per il 2014 sono state adottate misure che limitano l’efficacia della perequazione automatica per altri tre anni.

La legge di stabilità per il 2016 ha prorogato la scadenza di altri due anni, fino al 2018.

Dal 2019 si sarebbe dovuto tornare alla legge 388/2000, che prevede un sistema di rivalutazione per fasce di reddito anziché sull’importo complessivo delle pensioni.

Le perdite dovute alla mancata rivalutazione, anche se sembrano ridotte, hanno carattere permanente e rimarranno per tutto il resto della vita.Questo è un atto di imperio profondamente ingiusto che viola gli impegni assunti dal precedente governo che aveva stabilito il ritorno ad un meccanismo di rivalutazione pieno dal 1 gennaio 2019; un meccanismo che fosse in grado di tutelare il potere d’acquisto dei pensionati.

Non è stato così, di seguito riportiamo il sistema di rivalutazione attualmente in vigore:

Come funziona nel 2020

La rivalutazione automatica delle pensioni è riconosciuta:

  • interamente, ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a quattro volte il trattamento minimo
  • al 77% del valore dell’aliquota di aumento, alle pensioni di importo complessivo compreso fra quattro e cinque volte il trattamento minimo
  • al 52%, alle pensioni di importo complessivo compreso fra cinque e sei volte il trattamento minimo
  • al 47%, alle pensioni di importo complessivo fra sei e otto volte il trattamento minimo
  • al 45%, alle pensioni di importo complessivo fra otto e nove volte il trattamento minimo
  • al 40% alle pensioni di importo complessivo superiore a nove volte il trattamento minimo

Per il 2020 le pensioni saranno rivalutate con l’indice provvisorio di rivalutazione pari a 0,4%.

Quanto ha previsto la legge di Bilancio 2023

la legge 197 del 29 dicembre 2022, legge di Bilancio per l’anno 2023, pubblicata in G.U. 303 del 29/2/2022 ed entrata in vigore dal 1° gennaio 2023, modifica per gli anni 2023 e 2024 – in deroga alla normativa vigente (legge 388/2000, modificata dalla legge 160/2019) – il meccanismo di perequazione automatica delle pensioni.
In particolare, l’art. 1, comma 309 della legge di Bilancio 2023, al fine di reperire importanti risorse, ripropone l’applicazione di un meccanismo di rivalutazione, già attuato e reiterato dal 2014 al 2021, che riduce in modo significativo, rispetto al meccanismo ordinario, la rivalutazione delle pensioni di importo complessivo superiore a 4 volte il trattamento minimo.
Il comma 310, dello stesso dispositivo di legge – al fine di contrastare gli effetti negativi derivanti dall’aumento del tasso di inflazione – prevede per i trattamenti pensionistici di importo complessivo pari o inferiori al minimo un incremento transitorio ed eccezionale della perequazione automatica, limitatamente alle mensilità, tredicesima inclusa, relative agli anni 2023 e 2024.
Il tasso di indicizzazione da applicare ai trattamenti pensionistici dal 1° gennaio 2023, come determinato, in via provvisoria, dal decreto interministeriale (Mef e Mlps) del 10/11/2022, è risultato pari alla misura del 7,3%.
Pertanto per gli anni 2023-2024, secondo l’art. 1, comma 309 della legge di Bilancio 2023, l’applicazione del meccanismo di perequazione sarà basato su aumenti calcolati sull’importo complessivo dei trattamenti pensionistici secondo il seguente meccanismo:
• incremento del 7,3% (100% dell’indice di rivalutazione provvisorio) per i trattamenti d’importo loro complessivo fino a 2.101,52 (4 volte il TM);
• incremento 6,205% (85% dell’indice di rivalutazione provvisorio) per i trattamenti d’importo superiore a 2.101,52 fino a 2.626,90 (tra 4 e 5 TM);
• incremento del 3,869% (53% dell’indice di rivalutazione provvisorio) per i trattamenti d’importo superiore a 2.626,90 fino a 3.152,28 (tra 5 e 6 TM);
• incremento del 3,431% (47% dell’indice di rivalutazione provvisorio) per i trattamenti d’importo superiore a 3.152,28 fino a 4.203,04 (tra 6 e 8 TM);
• incremento del 2,701% (37% dell’indice di rivalutazione provvisoria) per i trattamenti d’importo superiore a 4.203,04 fino a 5.253,80 (tra 8 e 10 TM);
• incremento del 2,336% (32% dell’indice di rivalutazione provvisorio) per i trattamenti d’importo superiore a 5.253,80 (oltre 10 volte il TM).
Per i trattamenti di importo in prossimità delle differenti soglie è previsto un meccanismo di salvaguardia.
Complessivamente le modifiche alle modalità di perequazione, introdotte dal comma 309, producono un risparmio per le casse dello Stato, con conseguente taglio sulle pensioni, di oltre 3 miliardi e mezzo per il solo anno 2023.

 

Per maggiori informazioni vieni a trovarci in una delle nostre sedi o scrivici all'indirizzo spiprato@prato.tosc.cgil.it